Come io stesso ho affermato nello scorso articolo, bisogna fare molta attenzione nell’utilizzare la musica durante un trattamento Shiatsu. Partendo con la più che legittima ambizione di ottenere qualcosa in più, potremmo al contrario essere presi in contropiede e ritrovarci invischiati in tutta una serie di problemi inaspettati che riducono gli effetti delle nostre pressioni. Questo rischio si corre tutte le volte che decidiamo di “arricchire” lo Shiatsu, non solo con la musica ma con qualsiasi altro elemento, teorico o pratico. Non è male quindi fare alcune ulteriori considerazioni prima di dedicarci agli aspetti più tecnici e operativi che tratterò nella prossima puntata. Sono convinto che queste riflessioni siano molto utili anche al di là della proposta musicale e se continuate a leggere credo capirete ben presto il perché.
LESS IS MORE
Il Blues a volte assomiglia allo Zen. Spesso i maestri di questo genere musicale affermano che less is more ovvero che meno è di più, intendendo che poche note ben suonate e ben collocate sono meglio di troppe note ammassate. L’arte di considerare e di ricercare il vuoto ed il silenzio come elementi di pienezza.
Analogamente nello Shiatsu quando cerchiamo di fare di più dobbiamo fare attenzione a non cadere nella trappola di fare peggio. Anche se animati da buone intenzioni, cercando di arricchire la nostra tecnica, potremmo invece impoverire la qualità dei nostri trattamenti.
Masunaga è venuto dopo Namikoshi ed ha “arricchito” lo Shiatsu preesistente di nuove manovre (ad esempio gli stiramenti) e di nuovi strumenti (ad esempio i gomiti). Anche dal punto di vista teorico ha aggiunto molto e la sua mappa dei meridiani con nuovi percorsi ne è un esempio. Ma i rappresentanti della scuola Namikoshi hanno accusato per lungo tempo lui (e i suoi imitatori) di aver in realtà “impoverito” lo Shiatsu, inseguendo fantasie energetiche e utilizzando tecniche e strumenti inadeguati per eseguire le pressioni. Ma anche i praticanti dello stile Iokai e derivati non si sono risparmiati le critiche dando dei “sempliciotti” ai sostenitori della shiatsuterapia Namikoshi perché agiscono solo sul piano fisico del corpomente senza tenere in considerazione il piano di esistenza energetico.
Nel mio percorso, fin da tempi non sospetti ho utilizzato entrambi i modelli ed ho sempre ritenuto sterili, superficiali e sostanzialmente errate anche dal punto di vista teorico le contrapposizioni delle due scuole. Anche se orgoglio e politica a volte offuscano le idee, la verità alla fine prevale e sono quindi molto felice di sentire spirare ora un vento ecumenico: per fortuna si stanno superando le reciproche diffidenze. Possiamo però utilizzare questa esperienza di opposizione come un importante spunto di riflessione sulla relatività di cosa sia giusto aggiungere o togliere dalla nostra pratica, cosa considerare evoluzione e cosa involuzione.
DALLA CINTURA DEI PANTALONI ALLO SHIATSU PRANOTERAPICO
Qual è il “principio attivo” dello Shiatsu? Ovviamente la pressione, ma non tutte le pressioni sono Shiatsu anche se portate su tsubo e meridiani. È probabile che mentre state leggendo questo articolo stiate indossando dei pantaloni che sono tenuti da una cintura che sta premendo diversi punti, ad esempio nella zona del Tanden e in quella del MingMen. Però non credo che indossare tutti i giorni i pantaloni ci stimoli particolarmente la vitalità e non incida sulla circolazione del Ki nei canali straordinari. E che dire di certi orologi con fibbia che lasciano a volte addirittura i segni sul polso? Sono utili in caso di ansia? Direi di no, anzi a guardare l’ora di continuo l’ansia aumenta. In compenso se ci mettiamo un morbido braccialetto di gomma per il mal di mare che preme discretamente sul punto NeiGuan molto frequentemente la stimolazione ha effetto e ci risparmia la nausea da cinetosi.
Perché vestiti e accessori d’abbigliamento non agiscono in modo significativo sulla circolazione energetica ma un braccialetto sì?
Domanda interessante, e non siamo ancora nel campo dello Shiatsu. Lo Shiatsu è una pressione che viene portata da una persona su un’altra, sono due sistemi energetici, due vite che si incontrano e quindi con maggiori potenzialità di quelle offerte da un cerotto con sferetta ma anche da un ago di metallo.
Per questo motivo lo Shiatsu può essere qualcosa di più, e lo shiatsuka deve essere qualcosa di meglio di un elastico, di un braccialetto di gomma o di una poltrona shiatsu. Ma cosa rende diverse queste pressioni? Cosa fa funzionare cosa? Anche se istintivamente si affollano una gran quantità di risposte (anche indignate), una chiara e solida spiegazione non è così banale.
La spiegazione può essere molto interessante e articolata ma non è questa la sede adatta. Mi è sufficiente però tirare in ballo anche solo uno degli elementi fondanti la teoria energetica per comprendere alcuni meccanismi d’azione dello Shiatsu: l’attenzione. I gambaletti non vengono venduti con l’avvertenza di non indossarli nei primi mesi di gravidanza perché se l’elastico è troppo stretto e preme su M6 si rischia l’aborto, un berretto anche se calzato con forza sulla fronte non stimola il terzo occhio: sono pressioni che non attirano l’attenzione del nostro corpomente. Quando invece ho grande interesse a non vomitare durante un viaggio, sarò molto coinvolto dalla pressione del braccialetto che sento sul polso. Dove va l’attenzione lì va l’energia. E non si tratta di effetto placebo che è pur sempre dietro l’angolo. Qui si sta parlando di essere presenti, attenti, partecipare al processo.
Se lo shiatsuka si pone solo come esecutore di giuste pressioni dal punto di vista meccanico, non è escluso che la tecnologia possa fornire validi sostituti del pollice.
Tutte le informazioni che riceviamo durante la nostra formazione di shiatsuka servono a portarci di fronte alla porta della “giusta pressione” ma siamo noi, ovvero la nostra sensibilità ed empatia a permetterci di varcarla. Per questo lo Shiatsu è e rimarrà sempre un’Arte.
Lo shiatsuka deve fare pressioni coinvolgenti, attirare con forza l’attenzione del corpomente di uke nel modo più totalizzante possibile e realizzare una risposta molto intensa.
Non serve a nulla fare bene il compitino, indovinare i meridiani, le zone e i punti se poi li tratto in modo insulso e superficiale. E’ molto meglio fare buone pressioni anche se in zone non particolarmente azzeccate. Da qui il mio motto: “E’ meglio un trattamento sbagliato fatto bene, che uno giusto fatto male”.
Si possono fare pressioni formalmente corrette che hanno un certo effetto, ma per attingere al pieno potenziale della risposta ci va ben altro che la perpendicolarità e l’uso del peso. Ecco perché durante i trattamenti possiamo realizzare diverse qualità:
pressione
non c’é uso di hara, la forza deriva tutta da uno sforzo muscolare, siamo nel campo della digitopressione. Questo tipo di tocco può attivare una risposta anche se le percezioni di uke sono del tipo “Qualcuno sta facendo qualcosa là fuori” e quelle di tori sono “Qualcuno sta facendo qualcosa là dentro”.
appoggio
hara è presente ed è fisico, è nella sua veste di centro di gravità, la pressione è muscolare (posturale). La risposta di uke si attiva più facilmente di prima e la percezione é di “Incontro all’esterno”.
entrare, penetrare
hara diventa più sottile, più mentale, si ottiene il permesso di entrare e una volta dentro la risposta coinvolge strati più profondi del corpomente. Tori riesce ad avere il giusto
atteggiamento, il giusto Come. Questa comunicazione attiva e da’ una direzione alla risposta. La percezione è di “Incontrarsi dentro uke”.
fusione
hara acquisisce una valenza spirituale, si entra in reciproca risonanza, in reciproca attivazione. “Ognuno entra dentro l’altro”.
Queste qualità sono in progressione, non c’é fusione senza entrare, non c’é entrare senza appoggio. Per attivare i punti non basta toccarli, bisogna arrivarci quando sono pronti, ecco perché ci va un certo tempo per generare una forte risposta, il tempo di preparare il terreno, di passare da una modalità all’altra. Il passaggio può avvenire più o meno velocemente ma non è mai una questione di peso, il peso dipende da ciò che è gradito a uke, da ciò che serve in quel momento. Non si può associare la progressione ad un progressivo alleggerimento. Anche lo spirituale può essere raggiunto con pressioni molto pesanti. Ricordiamoci che la pressione gentile può sfociare nell’insulso e quindi irritante e quella forte può sfociare nel violento e quindi invadente.
Quella troppo leggera può sfociare nel non-shiatsu, quella troppo pesante può sfociare in un brutto trattamento ma pur sempre Shiatsu.
Voglio sottolineare però che tutto ciò deve essere realizzato attraverso la tecnica Shiatsu per come la conosciamo e la proponiamo. Mentre premiamo non dobbiamo fare operazioni energetiche come un praticante di Chi Kung od un pranoterapeuta. Ci dobbiamo basare sulla “sola” (!) qualità del tocco e della nostra centratura.
Anche se a volte inconsciamente si rischia di scivolare nello shiatsu “pranoterapico”, specie quando ci sembra che quello che facciamo non sia sufficiente per aiutare una persona con problemi gravi o situazioni difficili. E così arricchiamo lo shiatsu di pratiche che shiatsu non sono più.
SHIATSU ARRICCHITO O SHIATSU IMPOVERITO?
Siamo tornati finalmente al punto di partenza: cosa arricchisce e cosa impoverisce lo Shiatsu?
Aggiungere stiramenti alle pressioni migliora o peggiora la qualità di un trattamento? Aumentare il numero di meridiani è un’evoluzione o un’involuzione? Fare operazioni sull’aura o recitare mantra durante una pressione fisica è ancora identificabile come Shiatsu?
Cosa ci fa sentire la necessità di introdurre altro oltre alla pressione perpendicolare portata con hara? La sicurezza e la creatività o la ricerca di soluzioni alternative dettate dalla pigrizia e dall’insicurezza nei nostri mezzi?
Ho appena aperto una finestra su un panorama molto vasto che ora riduco al solo campo della musica. A cosa serve aggiungere la musica durante un trattamento? È ancora Shiatsu?
Ovviamente la mia risposta è positiva, la musica può aggiungere un maggior coinvolgimento, una maggiore attenzione e partecipazione e quindi maggiore energia attivata (sia in uke che in tori!). La singola pressione può essere vissuta più intensamente. La sequenza delle pressioni può rimanere impressa più a lungo ed il trattamento Shiatsu acquisire un senso complessivo più forte.
Realizzare tecnicamente questo connubio è una bella avventura.
Che il dio Pan sia con Voi,
a presto,
Daniele Arnaldo Giorcelli
NOTA AGGIUNTIVA DEL FEBBRAIO 2024
Caricando questo vecchio articolo sul sito mi sono reso conto che due punti vanno chiariti.
FUSIONE: quando dico che "ognuno entra dentro l'altro" non deve essere letto come una effettiva e reciproca infiltrazione del proprio ki/prana in quello dell'altro. Questa è un'operazione del tutto errata e causa malattie soprattuto al terapeuta che tende a caricarsi delle distonie del paziente.
Intendo invece che sia tori che uke sono entrati in contatto profondo, si percepiscono, come possono fare due tangueri che si muovono all'unisono, e questo crea quella gratificante esperienza di essere insieme durante il trattamento. Negli anni mi sono reso conto di quanto questo modo di dire possa però dare adito a fraintendimenti sullo spirito che anima la relazione terapeutica e di fatto non lo uso più.
SHIATSU PRANOTERAPEUTICO
Con questo termine intendo quel modo di fare Shiatsu integrato da intenzioni inconsce e immagini mentali errate che mirano a inviare ki/energia/prana a uke ma senza che ci sia una corretta formazione specifica e consapevolezza. La mia esperienza mi dice che lo Shiatsu è o meglio dovrebbe essere sempre un'espressione di pranoterapia a contatto ma la pranoterapia ha le sue regole e ritengo che all'interno della formazione di uno shiatsuka dovrebbero esserci molte ore dedicate a questo tipo di informazioni.
Sono molti gli shiatsuka che per la loro natura e forma mentale si trovano ad agire non solo con la pressione ma anche con immagini mentali spontanee che sono quasi sempre sbagliate. Il rischio è di cedere o alterare il proprio prana e non utilizzarlo per muovere o indirizzare quello cosmico su quello di uke. Lo so bene perché anch'io caddi in questo errore dovuto ad una passione ignorante e ne parlai anche nel mio primo libro. Questo argomento è talmente importante da avermi indotto a condurre regolarmente dei seminari a riguardo.