Dalle mie prime sperimentazioni degli anni ‘90 sull’utilizzo della musica nello shiatsu agli ultimi attuali (e ancora inediti) sviluppi sono passati vent’anni. E’ del 1998 il mio primo articolo su Shiatsu News della serie “Shiatsu e Musica”. E’ del 2003 il convegno nazionale di Montesilvano dove ebbi l’occasione di presentare al di fuori dei confini del mio dojo il Gengo Shiatsu, lo stile dove la musica è parte integrante dello shiatsu. Alcuni di voi si ricorderanno anche la ormai famosa ”notte di Montesilvano” dove ebbi il privilegio di condurre un’esperienza collettiva di shiatsu a ritmo di musica (vi ricordate amici quanta meravigliosa energia riuscimmo a scatenare?). In tutti questi anni la sperimentazione è continuata e mi ha messo di fronte ad alcune evidenze che hanno in qualche modo reso ancora più asciutto e diretto il mio modo di fare shiatsu (sia con la musica che senza). In questa nuova serie di articoli eseguirò delle pressioni perpendicolari sulla vostra curiosità, sulla vostra legittima voglia di divertirvi e sperimentare con lo shiatsu.
Questa per me è una sfida, credo che lo shiatsu si apprenda per osmosi, e non avervi di fronte in carne ed ossa mi rende l’impresa molto difficile. Ad ogni modo, in ogni puntata sarà trattato un argomento specifico, a volte più filosofico a volte più tecnico, riguardante l’utilizzo della musica nello shiatsu.
Non trattenetevi e inviatemi liberamente commenti e domande.
Scrivete a: daniele@nonsoloshiatsu.it nei limiti del possibile e di quanto in linea con le linee editoriali della rivista, alcune lettere e relative risposte saranno pubblicate su Shiatsu News.
Namasté,
Daniele Arnaldo Giorcelli

Dalle mie prime sperimentazioni degli anni ‘90 sull’utilizzo della musica nello shiatsu agli ultimi attuali (e ancora inediti) sviluppi sono passati vent’anni. E’ del 1998 il mio primo articolo su Shiatsu News della serie “Shiatsu e Musica”. È del 2003 il convegno nazionale di Montesilvano dove ebbi l’occasione di presentare al di fuori dei confini del mio dojo il Gengo Shiatsu, lo stile dove la musica è parte integrante dello shiatsu. Alcuni di voi si ricorderanno anche la ormai famosa ”notte di Montesilvano” dove ebbi il privilegio di condurre un’esperienza collettiva di shiatsu a ritmo di musica (vi ricordate amici quanta meravigliosa energia riuscimmo a scatenare?). In tutti questi anni la sperimentazione è continuata e mi ha messo di fronte ad alcune evidenze che hanno in qualche modo reso ancora più asciutto e diretto il mio modo di fare shiatsu (sia con la musica che senza). In questa nuova serie di articoli eseguirò delle pressioni perpendicolari sulla vostra curiosità, sulla vostra legittima voglia di divertirvi e sperimentare con lo shiatsu.
Questa per me è una sfida, credo che lo shiatsu si apprenda per osmosi, e non avervi di fronte in carne ed ossa mi rende l’impresa molto difficile. Ad ogni modo, in ogni puntata sarà trattato un argomento specifico, a volte più filosofico a volte più tecnico, riguardante l’utilizzo della musica nello shiatsu.
Non trattenetevi e inviatemi liberamente commenti e domande.
Scrivete a: daniele@nonsoloshiatsu.it nei limiti del possibile e di quanto in linea con le linee editoriali della rivista, alcune lettere e relative risposte saranno pubblicate su Shiatsu News.
Namasté,
Daniele Arnaldo Giorcelli

Sono ore che guido. Era ancora buio quando sono salito in auto e adesso ho fame. Ho sempre preferito alzarmi presto e vedere l’alba piuttosto che guidare dopo il tramonto. Una volta era perché facevo fatica a rimanere sveglio la sera, ma dopo anni di corsi serali che mi hanno obbligato alla cattiva abitudine di non rispettare il ciclo solare, ho imparato a lasciar passare il treno del sonno e ora se voglio posso rimanere lucido anche durante la notte. Però preferisco sempre il primo mattino. Il profumo dell’aria a quell’ora sa di giovinezza, è come una promessa di vita. Sento entrare l’aria fredda, a volte umida nei polmoni e so già che giornata sarà. E respirare profondamente quell’aria, non perdermi quel momento è come avere le istruzioni per affrontare tutto ciò che seguirà.
Mi fermo alla stazione di servizio ma prima di fare il pieno al mio stomaco do da mangiare al cavallo. Faccio il pigro, invece di usare il self-service mi faccio fare il pieno da un addetto dotato di tutti gli optional: tuta e berretto d’ordinanza, faccia inespressiva e auricolari infilati nelle orecchie (ma si può sul posto di lavoro?!) che non gli impediscono comunque di capire la mia richiesta. Noto che mentre lui si ascolta tranquillo la sua musica in cuffia, gli altoparlanti collocati sotto la tettoia stanno diffondendo quella della radio. Evidentemente lui preferisce la sua.
Vedo partire un pullman di ragazzi in gita e molti di loro hanno l’i-pod nelle orecchie. Mi viene da ridere pensando che se mio nonno fosse stato sbalzato di colpo qui dal passato avrebbe pensato che questo era un posto per audiolesi visto che tutti portano “l’apparecchio acustico”.
Entro in autogrill e la prima cosa che mi colpisce è la musica troppo alta. Decido di passare prima in bagno, dove ci sono... altri altoparlanti e altra musica. Mi sento un po’ frastornato, ma forse è solo un calo glicemico; ora torno dentro e mi faccio un bel panino al prosciutto, un caldo caffè in tazza grande e riparto di slancio. Ma il bel panino che avevo immaginato esiste solo nella mia fantasia. Dalla vetrina dell’autogrill fanno capolino
schiere di sandwich che per quanto possessori di nomi allegri e fantasiosi sembrano diafani ed affannati reduci di guerra con la lingua di fuori. Da tutti spunta infatti un lembo bianco o giallastro, chiara indicazione della presenza del formaggio.
So già come andrà a finire ma non so perché questa volta non sto al gioco e con la gentilezza di un cobra mi rivolgo al barista.
- Buongiorno, vorrei un panino al prosciutto.
- Vuole un “primavera”?
- No, quello ha anche la lattuga e la scamorza...
- Allora può prendere un “campagnolo”.
- No, quello ha anche caprino e rucola...
Vedo che si sta spazientendo e mentendo spudoratamente provo la tattica della compassione.
- Mi scusi, ma non c’é un panino senza formaggio? Sa, sono allergico...
Ha funzionato, ha cambiato registro e si è messo effettivamente a cercare qualcosa senza formaggio ma (e io me la sto ridendo sotto i baffi) ovviamente non troverà nulla. Anche lui è sorpreso, non ci ha mai fatto caso. In questo momento sono il suo bodhisattva, sta per illuminarsi: si è reso conto che nel bancone tutto, TUTTO è con formaggio. Sono felice, la mia missione per oggi è compiuta: un illuminato al giorno.
Però ho ancora fame...

A me piace la musica, amo il cibo e anche il formaggio, ma cerco di usare rispetto e attenzione. È anche un fatto di cultura. Un barolo non si tracanna d’un fiato come fosse aranciata. Va assaporato. È un vino da meditazione. Ma qui si aprirebbe l’enorme capitolo di come si vive e di quale valore si dà al tempo nella nostra società. E prima o poi ci torneremo perché ovviamente lo shiatsu ha molto a che fare con aspetti riguardanti il tempo: richiede tempo per essere appreso, per essere applicato e per produrre risultati e quindi lo shiatsuka tira il freno a mano nella vita di uke ma non sempre questo fatto è apprezzato.
Ora come ora è utile notare quante cose in comune abbiano musica e formaggio. Li si vuol fare diventare dei duttili fac-totum, dei riempitivi. Sono dappertutto.
Così come il formaggio viene messo il più possibile perché nasconde il rancido dei salumi di cattiva qualità, lega, dà consistenza al pane che non ne ha e perché da gusto con poca spesa, anche la musica ci segue ovunque. Addirittura si vive in una continua musica di sottofondo: palestre, supermercati, ristoranti, negozi, metropolitana, bar, parrucchieri, auto, uffici, casa, telefoni, aereo, auto, a piedi, in bicicletta... sembra che sia difficile stare senza musica, sembra che si debba coprire un vuoto che fa paura: non si è più capaci di ascoltare se stessi e la natura? C’é anche la musica da meditazione!!!
Quando ho fatto vedere il film “Alien” a mio figlio, ero pronto a ricevere critiche sugli effetti speciali un po’ datati, ma confidavo nella continua tensione sapientemente sviluppata dal regista, invece il suo commento è stato: “C’é troppo silenzio in questo film, e poi è troppo lento...”.
Il punto è: dopo queste riflessioni avete ancora voglia di mettere la musica di sottofondo per fare shiatsu? Se sì, continuate con la lettura. Siete proprio appassionati... come me. Vediamo come farlo senza farci (fare) del male.

Una questione di intensità
Non importa quale stile di shiatsu io stia utilizzando, per me l’Intensità è il più grande obbiettivo. Spostare la persona da dove si trova. Convincere i suoi sistemi omeostatici a trovare un altro equilibrio, migliore di quello in cui si è stabilizzato il suo corpo-mente. Fino a quando siamo vivi siamo in equilibrio. Ci sono però equilibri migliori e peggiori, stabili e instabili. Quando il nostro è un equilibrio nella sofferenza (ci si abitua a tutto) chi
cerca di portare il sistema omeostatico su un altro livello fa terapia (non importa se energetica o no). Se invece non c’é sofferenza ma si vogliono sperimentare stati di coscienza “altri” o realizzare potenzialità di piacere e/o prestazioni psico-fisiche più elevate, allora dovremo cercare un’eccellenza e spingere al limite tutti i sistemi. Questo significa operare nel campo del benessere.
Lo shiatsu può essere un valido strumento per entrambi i tipi di riequilibrio “energetico”, inteso come una riconfigurazione, una ritaratura del sistema-uomo.
Ottenere risultati, riuscire effettivamente a produrre dei cambiamenti anche piccoli ma percepibili già durante il trattamento significa essere intensi.
Noi non usiamo il bisturi e neanche le molecole. Non siamo come il famoso Dottor House che considera il paziente un ostacolo da evitare posto tra lui e la malattia. Noi facciamo fare delle esperienze. Possiamo intervenire e produrre risultati anche senza una vera partecipazione da parte di chi riceve il trattamento ma i migliori risultati si ottengono solo grazie alla condivisione. Lo shiatsu non è fare qualcosa addosso a una persona o a qualche suo apparato, significa entrare in relazione. Creiamo momenti di frattura con la normalità del sentire grossolano, per accedere alle possibilità di attivazione del sentire sottile.
La musica può essere un potente alleato, un catalizzatore che facilita queste esperienze, ma ovviamente se usata nel contesto sbagliato o senza la necessaria consapevolezza può trasformarsi al contrario in distrazione, o mille altre cose che aumentano la distanza tra uke e tori o tra uke e se stesso.
Per questo, se vogliamo utilizzare al pieno delle sue potenzialità la musica (e per me questo è l’unico modo) dobbiamo sviluppare una specie di music-shin che si affianchi alle classiche quattro: bo, bun, mon e setsu shin (osservazione, ascolto, interrogazione, tocco).

Prima considerazione: metterla o non metterla?
La prima considerazione è quindi cercare di capire se sia il caso di mettere la musica durante il trattamento. Dico subito che mano a mano che passano gli anni la metto sempre di meno, ma quando la metto cerco di usarla veramente come un terzo braccio. Ma non è facile.
Una volta chiedevo alle persone se volevano della musica di sottofondo e che tipo di musica volessero ascoltare (e già qui il primo gradino: bisogna avere moltissima musica per soddisfare tutti). Punto e basta. Dopo di che cercavo di armonizzare il trattamento e la musica scelta da uke (o da me se non esprimevano preferenze). Però, a volte, sì lo ammetto, mettevo la musica, ma non è che la mia tecnica fosse influenzata più di tanto: musica da supermercato per l’appunto.
Ma quella fase non è durata molto.
Quindi ora non basta più chiedere se vogliono la musica e quale. Devo fare una music-shin. Cerco di capire se la persona è già desensibilizzata da un uso quotidiano e superficiale della musica (vedi sopra) oppure se c’é qualche possibilità di non declassare lo shiatsu ad uno dei tanti momenti da “arricchire con il formaggio”.
Dopo di che iniziano valutazioni più complesse su come realizzare un trattamento dove EFFETTIVAMENTE musica e tecnica siano diverse espressioni di un unico intento.

Musica no - Musica si
Sente musica passivamente gran parte del giorno - Ascolta la musica con attenzione
Vive in ambienti rumorosi - Vive in ambienti tranquilli
È molto stanco - Non è debilitato
Ha poca intelligenza musicale - Apprezza molti generi musicali
Ha scarsa consapevolezza corporea - Sa dare indicazioni precise rispetto alle sue percezioni fisiche
È emotivamente instabile - Anche se soffre psicologicamente per qualche situazione attuale o passata non muta repentinamente umore
Ha problemi di udito - Sente bene da entrambe le orecchie
È ai primi trattamenti shiatsu - Conosce già lo shiatsu
Parla durante il trattamento - Sa rimanere nelle sensazioni durante il trattamento Si addormenta facilmente durante il trattamento - Sa rilassarsi senza dormire

Seconda considerazione: l’educazione musicale e la consapevolezza psicofisica
Lo shiatsu è linguaggio non verbale ed in quanto tale deve adattarsi alla persona. Se una persona parla solo in dialetto, non si può parlare in italiano colto. Se parlo con un bambino, per farmi capire, non posso usare termini tecnici e metafore per adulti. Se faccio shiatsu ad una persona con una consapevolezza psicofisica simile a quella di una Barbie, è inutile, anzi controproducente, esibirmi in tecniche acrobatiche e ascolti minimalisti. Nel primo caso sarò fermato da arti rigidi e controllati, nel secondo la persona dopo un po’ mi chiederà se sono stanco o quando incomincia il massaggio (ovviamente tutte esperienze che ho vissuto...).
Si deve adattare lo shiatsu alla persona, la complessità delle manovre deve essere proporzionale alla capacità di essere comprese e utilizzate dal corpo-mente di uke come esperienze importanti.
Ebbene, se si vuole utilizzare la musica nello shiatsu, una minima base di consapevolezza corporea non basta! Dobbiamo aggiungere un certo orecchio, una decente capacità di distinguere ed apprezzare vari generi musicali. Se sono ascoltatori monotematici, se piace solo un genere musicale, se non “sentono” il ritmo, o peggio, se vi accorgete che non sono attirati o coinvolti dalla musica, lasciate perdere. Perderete il vostro ed il loro tempo. Cadrete nella casistica dei trattamenti “subiti” e non in quella dei ricevuti.

Terza considerazione: quale musica?
Qui si aprono molte possibilità. Una volta passato il Rubicone della scelta di mettere la musica le direzioni possibili sono molte e dipendono dall’obbiettivo del trattamento.
Di sicuro si dovrà uscire dalla dicotomia tonificazione/sedazione e chi è abituato ad utilizzare i meridiani come orientamento non pensi a facili associazioni del tipo genere musicale/meridiano! Per semplificare, diciamo che qualsiasi genere può potenzialmente essere utilizzato, non solo la solita musica “rilassante”. Preparatevi a usare rock, disco, hardcore, metal, underground, afro, blues, jazz, melodica, sinfonica. Tutto. E a volume medio alto. Usare il volume basso significa ricadere nel sottofondo che come prima cosa non deve disturbare troppo e dove quindi tutto diventa uguale. Usare la musica richiede coraggio. Non è infrequente l’errore che rovina il trattamento. Dobbiamo essere pienamente consapevoli che quando usiamo la musica stiamo rischiando tutto con la speranza di raggiungere l’esperienza di picco. Questo è un ulteriore motivo per utilizzare la musica con parsimonia. Non si può vivere sulla cima dell’Everest. Ogni tanto si può salire fin lassù, se il clima e la nostra forza ce lo permettono, ma non possiamo costruirci la casa.

Quarta considerazione: il trattamento deve essere coerente con la musica
Uno degli aspetti più affascinanti del tango argentino è che quando si entra in una milonga e si osservano le coppie danzare, non ce n’é una che faccia le stesse cose di un’altra. Creatività, interpretazione. Eleganza, passione. Ma, specie in Italia a detta dei miei maestri argentini, capita spesso di vedere coppie che eseguono moltissime figure, anche notevoli, ma completamente sconnesse dalla musica, arrivando a produrre un effetto ridicolo o penoso a seconda dei gusti.
Lo stesso vale per lo shiatsu fatto con la musica.
Connettere, armonizzare la singola manovra con la musica.
Questo è il cuore di tutto il sistema, questa è la difficoltà suprema.
Si devono “accordare” le istanze energetiche di uke, con le azioni eseguite dalle mani di tori che devono esprimere fisicamente le ispirazioni della musica.
Incominciamo ad intravedere un nuovo panorama fatto di trattamenti che non possono essere protocollati o programmati a priori, che non possono basarsi sui kata, ma su punti chiave generali e strategie aperte, e soprattutto su una completa padronanza della tecnica per non essere obbligati a scegliere la comoda via di fuga del trattamento “libero” o meglio anarchico.
Dobbiamo incominciare a farci delle domande sul nostro stile, se ci permette di usare la musica e quale. E’ qui che incominciamo a modificare o meglio integrare le classiche strategie dei modelli di shiatsu con le possibilità offerte dalla musica.
E attenzione a non fare musicoterapia. Il mio approccio è tutto tranne che musicoterapico. Le mie correlazioni tra musica ed effetti procurati non possono essere coincidenti con quelle fornite dalla musicoterapia. Il contesto dell’ascolto è molto differente. La musica durante lo shiatsu va fatta riverberare grazie alle mani dello shiatsuka. La persona deve sentire la musica “addosso” e partecipare in modi più o meno sottili.
È su questa ricerca di coerenza, connessione, armonizzazione, che sono impegnato da tanti anni ed è su questo che scriverò nelle prossime puntate.

Quinta e ultima considerazione: si dà per scontato che tori abbia buona tecnica e buona intelligenza musicale e possa ascoltare quello che serve per uke
Meditate sul fatto che la tabella riportata sopra vale per tori così come per uke!
Ricordo che la musica è un attore principale e attivo del trattamento, è una terza mano con cui sto eseguendo delle pressioni, e visto che la pressione della musica la ricevo anch’io come shiatsuka, non la posso mettere sempre, tutto il giorno, tutti i trattamenti perché (oltre a quanto già affermato) altrimenti a fine giornata sono stordito. E devo essere in grado di utilizzare qualsiasi genere. A meno che metta solo la musica che piace a me (o che mi bilancia in quel momento) e non mi interessi delle VERE esigenze di uke.

Le cattive notizie
Lo shiatsu a questi livelli non è democratico. Non è un gesto naturale. E’ frutto di una certa predisposizione, di una certa sensibilità che non si può creare dal nulla. E il solo talento non basta. Si deve studiare e praticare per anni prima di poter padroneggiare la tecnica e avere tutti gli strumenti tecnici e teorici necessari. E neanche i nostri clienti sono tutti adatti a cogliere a pieno le possibilità dell’immersione in queste esperienze. Alcuni sono da educare, possono crescere o possono addirittura aiutarci e farci crescere, ma non tutti potranno vivere questi momenti.

Le buone notizie
Tutte le volte che sono alla partenza di una maratona non mi dico che correre per 42 chilometri è un’impresa impossibile, che è troppo per me. Parto con la consapevolezza di incontrare il mio limite. Non sarà il tempo impiegato a percorrerla a dirmi che è stata una buona gara, ma come mi sarò comportato durante la corsa. Se sarò riuscito a godermi il percorso e tutte le meravigliose sensazioni del correre. Se avrò trovato dentro di me le risorse per superare le difficoltà. Se avrò sofferto con dignità. E allora il traguardo sarà molto dolce e pregno di significati e soddisfazione.
Di fronte alle difficoltà del lungo viaggio per diventare ottimi shiatsuka non dobbiamo scoraggiarci. Cercare l’eccellenza di un trattamento fatto con la musica è un bel modo per scoprire e fronteggiare (e magari superare) i propri limiti. Costringe a migliorare la sensibilità e soprattutto la tecnica. E sono molte le soddisfazioni intermedie in questo percorso. Garantito.
Ma sullo splendore e la gioia di un trattamento riuscito, di una meravigliosa esperienza condivisa con uke non posso dire nulla.
Posso solo augurarvi di viverle.